Cambiano i tempi ma la principale legge della natura è sempre la stessa: non sopravvive l’organismo più forte, ma il più adattabile.
Come incrementare la nostra adattabilità alle nuove richieste di un ambiente che cambia anche a causa dell’intervento dell’uomo? Basti pensare che una mela che i nostri nonni anni fa raccoglievano dagli alberi conteneva una quantità di magnesio 40 volte superiore a quella che ora troviamo in vendita sui banchi di supermercati e negozi di frutta e verdura. Ci troviamo a dover fronteggiare non solo questi drammatici cambiamenti della qualità della nostra alimentazione ma anche alcune condizioni di malessere fisico e psicologico come il sovrappeso e lo stress che non sono delle vere e proprie patologie ma vanno ad influenzare negativamente la nostra qualità di vita.
Una nuova disciplina denominata Medicina Potenziativa sta facendo il suo ingresso: non tanto una “medicina della malattia” quanto una vera e propria risposta proattiva alla necessita’ di renderci piu’ forti e resilienti davanti a nuovi stimoli ambientali, fisici, mentali e psicologici aiutandoci a potenziare le nostre difese naturali e fisiologiche. In realtà, nel Codice deontologico medico, nel 2014, all’articolo 76, tale branca medica è stata definita quella entro la quale «il medico opera sia in attività di ricerca, sia quando gli siano richieste prestazioni non terapeutiche ma finalizzate al potenziamento delle fisiologiche capacità fisiche e cognitive dell’individuo». Lo stesso articolo recita che il medico «la attua nel rispetto e a salvaguardia della dignità dell’individuo stesso in ogni suo riflesso individuale e sociale, dell’identità e dell’integrità della persona e delle sue peculiarità genetiche nonché dei principi di proporzionalità e di precauzione».
Niente superuomini, quindi, ma un miglioramento generale del benessere e delle proprie potenzialità. Anche se va detto che l’origine di questa branca pare sia riconducibile alla medicina militare e alla sperimentazione sui soldati, pur nel rispetto di un articolo del documento approvato il 22 febbraio 2013 dal Comitato nazionale per la bioetica, che ha indicato i limiti entro i quali la medicina potenziativa può deontologicamente operare. Essa va di pari passo sia all’avvento delle smart technologies indossabili (wearables) e collegabili via bluetooth agli smartphone (che possono trasmettere con sistemi di telemedicina i dati di parametri vitali a un medico collegato in remoto), sia all’introduzione di specifiche terapie. Queste ultime oltre a non essere basate su farmaci veri e propri, di fatto possono essere applicate alla persona sana per amplificare e ottimizzare determinati meccanismi fisiologici: quelli che lo aiuterebbero non solo a contrastare alcune patologie correlate all’invecchiamento, ma a essere più performanti a livello fisico e mentale, migliorando la qualità della vita.
Queste terapie si avvalgono di stimoli biologici costituiti da un lieve stress fisico-chimico e da interventi sui ritmi circadiani (terapia cronobiologica) a cui l’organismo si adatta reagendo con un miglioramento e potenziamento di diverse funzioni fisiologiche. Ne è un esempio l’ozonoterapia sistemica endovenosa, l’IV therapy (flebo con vitamine ed altri nutrienti) praticata entro protocolli di nutrizione potenziativa, determinati tipi di magnetoterapia, il digiuno intermittente e la deprivazione controllata del sonno. Un “upgrade” dello stato di salute e’ di fatto una consapevolezza emergente dell’individuo moderno che riconosce nella medicina potenziativa l’aggiornamento di cio’ che fino ad ora e’ stato annoverato entro il termine di prevenzione.
Dott. Claudio Tavera Specialista in Medicina dello Sport Certificato ABAARM A4M (American Board of Antiaging and Regenerative Medicine) Segretario Generale della Societa’ Italiana di Medicina Potenziativa www.potenziattiva.com
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